A metà febbraio il fiume Juruá ha cominciato a ingrossarsi ed è uscito dagli argini. In poche ore ha inondato quartieri interi in molte città della regione: «Fino a due settimane fa eravamo contenti perché il fiume ci stava lasciando in pace. Invece si è svegliato tragicamente e ora siamo completamente isolati: l'unica strada asfaltata che unisce la città di Cruzeiro al resto del Brasile è interrotta, perché le piogge ne hanno portato via un pezzo».
Così mons. Flavio Giovenale, vescovo della diocesi, descrive la violenza dell’alluvione che ha devastato lo Stato dell’Acre. Circa 120mila persone e 32mila famiglie sono state colpite dalle inondazioni.
È un dramma sociale, economico e ambientale insieme, perché qui si vive principalmente di agricoltura. Ad aggravare la situazione anche la pandemia: «Questa alluvione è complicata perché siamo in zona rossa a causa del Covid e, oltre quello, anche la malaria è ritornata a essere forte ultimamente».
In questi mesi una prima rete di solidarietà ha consentito di raccogliere alimenti, vestiti, materiale di igiene. Ancora oggi serve un aiuto per tutto questo, ma bisogna anche pensare alla ricostruzione delle case per le tante famiglie sfollate. «Mentre preghiamo affinché Dio freni l'avanzo delle acque, cerchiamo di fare la nostra parte costruendo delle abitazioni per le famiglie senza alloggio. Sono certo che la vostra solidarietà umana è forte e che insieme ce la faremo. Pregate anche voi per noi».
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