Lia, vent'anni appena, tra una gravidanza e l'altra si spacca la schiena nei campi fino allo sfinimento. Rosa è, invece, sfregiata per le botte del marito che si è poi dileguato lasciandola sola con i cinque figli. Maria vive in una fatiscente baracca adiacente alle latrine a cielo aperto, e firma con una croce perché non ha mai frequentato la scuola. Le storie, raccolte per le strade o nei vicoli delle favelas, raccontano di povertà, solitudine, abbandono, oppressione, discriminazione, abusi. Anche in questa zona (nel quartiere Santa Lucia, uno dei più periferici e disagiati della città di Imperatriz) è presente da molti anni una casa delle missionarie canossiane che si prendono cura di queste vicende di degrado con amore ed empatia. Oltre a donare sostegno e parole di conforto le religiose vorrebbero dare, però, anche una risposta concreta al bisogno di promozione umana, sociale, economica di tante donne.
E vorrebbero farlo attraverso laboratori professionali di estetista, parrucchiera, sartoria, ricamo e pittura su stoffa, grazie ai quali le ragazze potranno imparare un mestiere, trovare un impiego e provvedere così alle tante bocche da sfamare che le attendono a casa la sera. «Al termine dei corsi queste giovani riceveranno un certificato di frequenza», precisa suor Amelia Marchesini, «e, oltre a ciò, quella possibilità di riscatto ed emancipazione che non hanno mai avuto».
Suor Amelia Marchesini, 9 maggio 2017
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