Sono passati vari anni da quando è stata creata la struttura di assistenza sanitaria di base nel villaggio di Kilemba, nella Repubblica Democratica del Congo. Ma bisogna intendersi sul significato del termine “struttura”…
Come si può vedere dalle foto, si tratta di una semplice casupola in paglia e fango. Ma la sua storia vale la pena di essere raccontata. Nel 1999, un infermiere in pensione di nome Prosper, dopo aver prestato servizio per oltre 40 anni nell’unico ambulatorio che esisteva nella regione, gestito dai monaci trappisti, si ritirò a Kilemba, suo villaggio natale. Lì ha continuato il suo lavoro di infermiere come volontario, fornendo le prime cure alle persone vulnerabili, curando i bambini sofferenti di malaria, soccorrendo le vittime di incidenti stradali e le persone morse dai serpenti, assistendo sempre i più poveri e bisognosi. La sua attività è stata di grande aiuto anche per le gestanti, perché ha evitato che molte donne partorissero a casa, una pratica molto comune con grave rischio di morte per la mamma e per i neonati.
La realizzazione di questo “ambulatorio” è stata provvidenziale e ha consentito alla popolazione di avere un minimo di assistenza sanitaria. Il villaggio, infatti è lontanissimo da altre strutture: i suoi abitanti, per farsi curare, sono costretti a percorrere oltre 20 chilometri a piedi, che richiedono circa 4 ore di cammino.
Dopo la morte di Prosper, la diocesi di Kikwit si è presa carico delle urgenze sanitarie della popolazione di Kilemba e dei suoi dintorni. Purtroppo, con la crisi economica che sta attraversando la Repubblica Democratica del Congo, la diocesi non è stata in grado di migliorare le condizioni di accoglienza dei pazienti, né di fornire attrezzature adeguate per l’assistenza sanitaria di base. La sola cosa che ha potuto fare è stata affidare a un’infermiera la gestione dell’ambulatorio. Oggi, con la crescita della popolazione e la lontananza del centro ospedaliero e dell'ospedale di riferimento, la popolazione di Kilemba e dei suoi dintorni continua a frequentare numerosa il dispensario, nonostante i suoi tanti limiti.
Per ovviare a questa situazione, don Paul Mindjeke, sacerdote della diocesi di Kikwit, chiede il sostegno di Cuore Amico per costruire un nuovo dispensario, intitolato all'infermiere Prosper, per consentire alla popolazione di accedere facilmente alle cure in un edificio degno di tale nome, in muratura, con elettricità di origine fotovoltaica e acqua pulita ricavata da un pozzo, che rispetti i necessari standard di pulizia e igiene.
Un ambulatorio che consenta alla gente di accedere facilmente alle cure mediche e permetta alle donne di partorire in una zona loro riservata, riducendo così il tasso di mortalità materna e infantile.
Progetto completato. Grazie ai benefattori!
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