Ogni anno gli strumenti di indagine segnalano il calo delle vocazioni religiose, in particolare nel mondo occidentale. Si tratta di un fenomeno che non pochi avvertono con dispiacere, rammentando le tante opere assistenziali, educative e caritative che la vita religiosa ha contribuito a favorire lungo i secoli.
Il rischio è di che di tanta effervescenza spirituale rimangano solo opere che testimoniano un passato glorioso, ma private dell'afflato spirituale che le ha animate.
Ecco perché nella Giornata Mondiale della Vita Consacrata, la Scrittura ci propone le due figure di Simeone e Anna.
Come ricordava tempo fa papa Francesco, «guardandosi attorno, è facile perdere la speranza: le cose che non vanno, il calo delle vocazioni… Incombe ancora la tentazione dello sguardo mondano, che azzera la speranza. Ma guardiamo al Vangelo e vediamo Simeone e Anna: erano anziani, soli, eppure non avevano perso la speranza, perché stavano a contatto col Signore. Anna “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Ecco il segreto: non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo».
La vita religiosa non è un'eccezione nella Chiesa, è invece un rimando all'essenziale: possiamo fare tanti progetti, costruire opere benemerite, ma se l'edificio non ha il suo fondamento in quel «fratello universale», come lo chiamava il beato Charles de Foucauld, si rischia di costruire sulla sabbia.
La missione, infatti, non è solo una variabile del volontariato internazionale, ma la testimonianza e l'annuncio gioioso (cf. Mt 28,8) che il Crocifisso è risorto e vivo.
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