L'operazione delle suore comboniane della diocesi di Lira si basa su un sistema rotativo. Ogni famiglia che riceve una capra gravida si impegna a restituire una capretta partorita.
Per il sostegno di adulti e ragazzi, che convivono positivamente con l'Hiv/Aids, la comunità delle suore comboniane di Lira ha avviato da tempo iniziative che hanno saputo creare un contesto positivo e accogliente.
Negli ultimi tempi però, un fattore esterno sta rischiando di minare questo splendido progetto: il cambiamento climatico.
L’insicurezza alimentare nella regione ha cambiato le condizioni di vita di queste donne e uomini che, dovendo dedicare gran parte del tempo alla ricerca del cibo, sono obbligati a trascurare l’educazione dei figli, la salute e la partecipazione sociale.
Mons. Giuseppe Franzelli, vescovo emerito della diocesi di Lira, sostiene quest'idea semplice che però negli anni ha dato grandi risultati.
La confusione tra la stagione secca e quella piovosa può generare errori nella semina: seminare nel momento sbagliato può comportare la perdita del raccolto, aprendo la porta a un periodo di carestia.
Le missionarie comboniane hanno dovuto immaginare un modo per aiutare queste persone a diversificare le attività economiche, aumentare la produzione alimentare e il sostegno al reddito familiare, investendo sulle abilità dei membri del gruppo.
La soluzione ha un nome preciso e semplice allo stesso tempo: la capra.
«In pratica, a ogni persona – spesso vedove con molti figli da mantenere – viene consegnata una capra incinta. Nell’immediato fornisce latte ai bambini, ai malati e agli anziani. Di solito, partorisce più cuccioli e questo migliora lo standard finanziario e di vita della famiglia. Dopo un anno, del numero delle capre appena nate, una viene restituita alle suore per essere ceduta a un’altra famiglia, attraverso un sistema rotativo».
Un progetto mutualistico in cui tutti, oltre che ricevere, possono restituire per alimentare il benessere generale.
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