Aisha non possiede nulla se non i vestiti lacerati. Non ha una casa, né altre proprietà. Cammina ingobbita e a passo lento, come risultato del duro lavoro manuale nei campi. Sposata, ha dato alla luce sei figli, che, dal giorno in cui il marito l'ha cacciata via senza un perché e senza un centesimo, sono rimasti a suo carico. Nella maggior parte delle comunità rurali dello Zimbabwe la cultura tribale promuove le norme patriarcali: le mogli vengono relegate ai mestieri più faticosi e, se l’uomo decide di ripudiarle, non hanno tutele né per sé, né per i loro piccoli.
Ad aiutare le donne come Aisha è suor Giovanna Giupponi, missionaria delle Suore di Maria Bambina, che dal 1991 presta la sua opera socio-pastorale nella comunità di Chinhoyi. «Sono molte le mamme sole e abbandonate che ogni giorno bussano alla nostra porta per implorarci di aiutarle a sfamare e a mandare a scuola i loro bambini», spiega in una recente lettera indirizzata a Cuore Amico. «L'altro giorno una di loro, stremata dalla fame e dalla fatica, mi ha sussurrato con un filo di voce: “Lasciami sedere sull'erba fresca, mi siedo sempre nella polvere o sui sassi”». Per sostenerle suor Giovanna vorrebbe avviare un piccolo laboratorio di cucito e ricamo, dove le madri possano produrre dei manufatti e, in seguito alla vendita, racimolare quanto basta per la sussistenza propria e dei bambini. «Noi crediamo nella promozione di queste povere donne piuttosto che nella mera assistenza», continua la religiosa, «un gruzzoletto guadagnato non le farebbe più sentire sempre e solo delle mendicanti. Inoltre, è salvando le mamme che si salvano la famiglia e la società africane. Stendo io la mano al posto loro e sono certa che la Provvidenza stenderà la propria mano pietosa verso di loro».
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